Ghana: a proposito di mondiali...storie da un altro mondo

Riportiamo la testimonianza di don Silvio Roggia missionario in Ghana

Carissimi tutti,

Queste ultime 24 ore sono proprio da raccontare! Ieri pomeriggio verso le quattro (ora di Londra, visto che il Ghana è tagliato in due dal meridiano zero) ero a Sunyani, la città di 80 mila persone alla cui periferia è situata la nostra casa.
C'è stato un boato! Il Ghana ha segnato il primo goal contro la Repubblica Ceca. È iniziata una festa a 360 gradi: tutti e dappertutto! Ho dovuto fermare la macchina perché le strade si sono riempite di gente. Vi lascio immaginare cosa è capitato alla fine del match, conclusosi con la vittoria del Ghana 2 a 0.
L'Africa sa come celebrare!

Ma ciò che mi ha lasciato ancor più stupito è quanto è successo nelle ultime dodici ore, o per essere più precisi dalle 9 e mezza del mattino alle 4 e mezza del pomeriggio. Abbiamo celebrato la festa del Corpus Domini.
Dopo la Messa all'aperto ad Adentia, un villaggio a 5 chilometri dalla parrocchia è iniziata la processione: 5 chilometri di danza da mezzogiorno alle 4 e mezza sotto il sole dei tropici.
Mi credete se vi assicuro che non ci si stanca, non ci si annoia, non si guarda l'orologio per vedere quando finisce? La danza e il canto qui hanno un potere di comunicazione e di preghiera superiore a qualsiasi altra forma di linguaggio. Il pane Eucaristico è stato portato in trono con tutte le insegne regali, seguito da quattro tamburi, alti un metro e mezzo ciascuno, portati in testa a turno dai giovani più robusti e suonati con un ritmo e una cadenza a cui non si può resistere: ti fan ballare per forza! E se ballo io goffo e gaglioffo come sono figurarsi chi è nato con quel ritmo nel sangue e sa interpretarne i messaggi.
Certo, perché qui il tamburo parla. I suoi ritmi e la combinazione dei tocchi tra i quattro strumenti tessono emozioni, messaggi di gioia, pericolo, trionfo. È la via ordinaria con cui il re parla al suo popolo.

Ecco quel che mi frullava per la mente passando per le strade dei tre villaggi che la nostra processione ha toccato. Cos’è che conta per davvero? Dove sta l'essenziale? Per cosa vale la pena impegnare tutte le nostre risorse su questa terra?

Ai lati della strada le case con le mura di fango a volte squarciate dalle brecce aperte dalle piogge torrenziali. La gente con cui viviamo deve tirare avanti con un salario (per chi ha la fortuna di averlo) che va dai 50 ai 100 euro mensili. Resta poco da spendere per la manutenzione dopo che si mangia, si paga la scuola dei figli, si spera di non dover affrontare emergenze di salute.
Dieci anni fa, prima di trasferirmi qui in West Africa avrei senz'altro risposto che l'essenziale era insegnare a pescare e a rifarsi così casa, vestiti, trasporti etc. etc.

Di fatto con la nostra scuola tecnica cerchiamo di fare anche questo.

Ma oggi sono perplesso e non so se spostare l'attenzione sui muri delle case sia la cosa da fare prima di tutto.
Il ritmo dei tamburi, la danza-preghiera. Perché di questo si tratta! Qui non si danza per fare quattro salti. La danza parla con tutto il corpo, non solo con la lingua: per dirla con una parola l'anima di questa nostra gente è una presenza che reclama tutta l'attenzione!
C'è molto di più in ogni figlio d'uomo che una casa, un vestito, un conto in banca, un titolo di studio. C'è una vitalità che fa diventare vivo tutto ciò che ci circonda, compresa una camminata di 2000 persone per quattro ore sotto il sole, come se fossero una persona sola che esulta ininterrottamente.

E tra fede e vita qui non c'è distanza come non c'è tra ritmo e danza. Bisogna vedere per rendersi conto che la fede del Vangelo non è affatto un prodotto occidentale (tra l'altro la nostra fede non è nata in Occidente ma in Medio Oriente! Ha radici molto più vicine a Baghdad, terra di Abramo, che a New York). Gli unici due incapaci di ballare questa fede eravamo io e Piotr, un salesiano polacco membro della nostra comunità.

Quel che la loro danza esprime è genuinamente "l'abbondanza del cuore". Se vogliamo scoprire l'essenziale del nostro pellegrinare su questa terra, qualunque sia il meridiano e il parallelo su cui ci troviamo, non ci può fare del bene imparare ad ascoltarci, a comunicarci le cose a cui teniamo di più, a scambiarci non solo merci e tecnologie ma anche spirito, cultura, ciò che siamo?

E chissà cos'è l'essenziale per ciascuna delle nostre vite secondo il punto di vista di Colui che era al centro di tutta la danza quest'oggi. Avrà guardato di più alle pareti delle case ai bordi o alle persone al centro della strada? Senz'altro ad entrambe perché siamo troppo preziosi ai suoi occhi. Lo ringrazio per questi punti interrogativi. L'Africa è un mistero, come lo è la vita. Sto appena imparando i primi passi della sua danza. Ma il ritmo è così potente che sono entusiasta di essere stato catturato da questa magia.