Da Ellis Island ai giorni nostri: la migrazione è strumento di sviluppo e di pace

12 dicembre 2017 - Ellis Island ha rappresentato la porta del continente americano per moltissimi migranti che dal Nord, Sud ed Est Europa dalla fine del XIX° secolo fino alla prima metà del XX° giunsero per trovare libertà e migliori opportunità di vita. Chi si occupa di migrazione o semplicemente chi desidera comprendere meglio questo fenomeno che è parte della storia dell’umanità, almeno una volta nella vita dovrebbe passarvi e, come era uso fare Jean Jacques Rousseau, contemplare passeggiando ciò che questo incredibile luogo ha da offrire in termini di storia, emozioni e riflessioni filosofiche.

La prima cosa che mi colpisce sono i numeri: milioni di persone passarono attraverso quest’isoletta di fronte a Manhattan; basti pensare che la prima ondata di migranti provenienti dal nostro paese, l’Italia, a cavallo del XIX° e del XX° secolo è stata di circa 2 milioni di persone. Attualmente vivono negli Stati Uniti circa 13 milioni di persone di origini italiane. Queste persone scappavano dalla povertà e dalla fame esattamente come scappano adesso le persone dall’Africa subshariana verso l’Italia e l’Europa intera. L’America era la terra promessa e vagando per la sala di accoglienza e registrazione, le stanze per le visite mediche ed i dormitori sembra di rivivere l’emozione e la gioia di tutte quelle persone che aspiravano ad un futuro migliore. Sembra di poter ascoltare ancora l’eco del grido di chi dalle grandi navi che attraversavano l’Atlantico avvistava per primo Ellis Island o la Statua della Libertà esclamando: “America! America!”. Nel film di Tornatore La leggenda del pianista sull’oceano viene riproposta magicamente questa scena.

Leggi l'articolo completo di Gianpaolo Gullotta, VIS Regional Project Manager – West Africa and Caribbean, su Stop Tratta