Giocare per capire cosa significa migrare

16 ottobre 2019 - Ilaria Colombo è stata due mesi in Ghana, volontaria proveniente dall'Università Cattolica di Milano e impegnata, attraverso il Charity Work Program, nella campagna di sensibilizzazione StopTratta. I mesi trascorsi a Sunyani e dintorni sono stati scanditi da incontri con la popolazione locale, tra cui molti bambini. L'immagine di Ilaria rappresenta la sua esperienza a cui aggiungiamo le sue parole che ricordano quel pomeriggio e aiutano a capire come il VIS sensibilizzi i potenziali migranti su quali siano i rischi della migrazione irregolare, anche attraverso il gioco:

 

"La foto è stata scattata all'oratorio di Odumase, vicino a Sunyani. Quel pomeriggio Gianpaolo e io eravamo andati per avere un primo contatto con gli animatori, spiegare brevemente cosa fosse StopTratta e l'attività che avremmo poi concretamente fatto qualche giorno dopo: un gioco di ruolo a tappe che riproduce il percorso dei migranti dal Ghana all'Italia. 

Una volta finita questa piccola riunione siamo usciti dal salone dell'oratorio e nel cortile abbiamo trovato tutti i bambini che avevano appena finito le attività del pomeriggio. Dopo una iniziale (ma molto breve!) diffidenza, hanno iniziato ad avvicinarsi, farmi domande (come ti chiami, da dove vieni, ma i tuoi capelli sono veri?!) e continuavano a prendermi per mano, guardandola abbastanza sorpresi perché sembrava così diversa dalla loro.

I bimbi parlano un po' in lingua locale, in Twi, e un po' in inglese per cui molto probabilmente nel momento dello scatto la bimba più piccola mi stava chiedendo come mi chiamavo ("wo din de sen?") e la bimba più grande stava traducendo in inglese.

È stato il primo contatto con i bambini che ho avuto in Ghana ed è stato gioioso: non sanno nulla di te eppure ti sommergono di domande, di attenzioni, vogliono conoscerti, tanto che non mi volevano fare andare via.

È stato personalmente bello anche perché mi sono sentita a casa: ho sempre fatto l'animatrice all'oratorio in Italia per cui è stato un momento felice in cui ho pensato: 'I bambini sono bambini e a qualunque latitudine si comportano ugualmente anche se vivono in contesti completamente diversi!'

Questo pensiero ha poi generato tutta una serie di riflessioni del tipo: 'Perché noi abbiamo tutto e qui ci sono bimbi con vestiti con i buchi o con scarpe troppo grandi o troppo piccole per loro?'. Ma queste sono sopraggiunte dopo.

 

Riguardo il gioco, preciso che non l'abbiamo inventato noi ma è stato creato da altre volontarie. Entrando nello specifico, è un gioco di ruolo da fare a squadre che comprende quattro tappe: Ghana, deserto ad Agadez, Libia e Italia. Ad ogni tappa è associata un'attività da fare. Alla fine di ogni attività però la squadra per poter passare allo step successivo, deve tirare un dado e a seconda del risultato la squadra può proseguire, fermarsi, oppure scegliere una via di mezzo ricevendo una penalità. 

Il messaggio principale che si voleva trasmettere era che il viaggio è faticoso ed è pieno di ostacoli, indipendentemente dalla tua volontà la tua vita è appesa alla sorte, ecco perché il lancio del dado che può modificare il tuo percorso.

Terminato il gioco c'è sempre un momento di ritorno in cui gli animatori locali spiegano il significato ai bambini, spiegando cosa sia un diritto umano e le sue caratteristiche al fine di passare il messaggio ulteriori del: 'Bisogna creare opportunità e migliorare le cose qui'".