L’Europa vista dall’Africa dopo Bruxelles

24 marzo 2016 - Pubblichiamo di seguito la testimonianza di Elisa Lo Grasso, volontaria del VIS impegnata nella campagna Stop Tratta. Si tratta di una riflessione sui fatti di Bruxelles, visti dall'Africa Occidentale, dove attualmente Elisa si trova impegnata.

In genere non amo quando si sprecano fiumi di parole per raccontare gli eventi tragici: la ricerca delle storie delle vittime, l’analisi delle mancanze, la ricerca dei colpevoli, le macro analisi sulle cause. Sono troppo spesso solo parole che aprono dibattiti più o meno pilotati, pronti a svanire dalla memoria collettiva al primo cambio di vento, mentre depositano sul fondo del pensiero di ciascuno una patina più o meno sottile di acrimonia, insicurezza, e generalizzazioni su più campi. Non amo tanto più che si parli solo di alcuni drammi e non dei numerosi altri che colpiscono migliaia di persone di altre parti del mondo, con la scusa che questi ci sono più vicini e gli altri noi; salvo poi venirci a bussare alle porte di casa sotto forma di persone che chiedono protezione.

Credo però che gli attentati di Bruxelles necessitino di qualche parola in più, non certo perché abbia alcuna pretesa che le mie parole possano rivestire alcuna importanza, ma per una necessità personale di dare voce a pensieri e sentimenti che mi girano in mente da quando sono approdata qui in Africa Occidentale.

I giornali parlano di attacco al cuore dell’Europa e le lacrime della Mogherini in conferenza stampa mi hanno fatto sentire esattamente il senso di queste parole. Bruxelles non è Parigi, nelle cui periferie crescono giovani figli di immigrati, che vivono la disuguaglianza quotidianamente e sono facili prede di sentimenti revanscisti contro il colonizzatore di ieri e di oggi; Bruxelles è l’Europa Unita.

L’attacco al luogo dove si trovano le Istituzioni europee, è un attacco all’Europa intesa come entità politica. Quell’entità che Spinelli, Spaak, Monnet, Schuman, Adenauer e gli altri hanno fortemente voluto, che non si è mai veramente creata e che -come in questi ultimi anni le politiche che l’Europa attua dimostrano- il cui sogno forse è andato perso.

Spinelli, nel Manifesto di Ventotene, auspicava la “definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani”, Hollande alla conferenza stampa di qualche ora fa, parla ancora di rafforzamento della collaborazione con gli altri paesi contro la minaccia terrorista, di rafforzamento della sicurezza (della Francia) e di chiusura delle frontiere.

Dopo gli attentanti dello scorso novembre a Parigi, mi sono trovata a prendere più volte i voli di Air France e ho potuto sperimentare su di me i rafforzamenti delle misure di sicurezza attuate dal Governo francese, ma all’evidenza dei fatti non credo che tali misure, così come quelle attuate dopo l’11 settembre 2001, in molti Paesi del mondo, stiano garantendo che avvenimenti come quelli del 22 marzo non abbiano più luogo.

Dov’è finita l’Europa della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, il principale strumento regionale di tutela dei diritti umani, dichiarazione tra le più avanzate al mondo, che parla di nuovi diritti e nuove tutele; dove è finito l’obiettivo di avere una federazione di stati che superassero i personalismi in nome di un bene comune superiore, memori dell’infinito sangue versato nei millenni della sua storia?

I commentatori televisivi, gli esperti di politica internazionale parlano di mancanza di comunicazione dei servizi segreti dei vari Paesi. I Paesi membri percorrono strade diverse nelle scelte di politica internazionale, davanti al problema dei migranti l’Europa rafforza la sua chiusura verso l’esterno attuando una violazione delle sue stesse leggi (vedi il caso dei respingimenti collettivi in Libia e Turchia). L’Europa fondata sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze, dell’abolizione dei confini, del sogno di un esercito comune è la stessa che oggi paga lo scotto della mancanza di reale integrazione in termini di politiche interne e di sicurezza.

È possibile che un continente che ha conosciuto statisti di grande caratura si comporti come un bambino che per paura chiude gli occhi per sentirsi al sicuro?

Da quando un paese, una comunità, una persona che si chiude all’incontro con l’altro ne trova beneficio? Si pensa veramente che chiudendo le frontiere si elimini il problema del terrorismo; che respingendo le persone che approdano nel nostro continente, in misura molto più piccola di quella che altri paesi e continenti sono abituati a ricevere, si resti al sicuro dalla violenza di gesti insensati? Si imparerà mai a guardare alle scelte politiche fatte dai nostri governi, agli interessi in gioco in ambito geopolitico, come ai reali motivi che ci portano a piangere morti a cui non pensavamo?

L’Europa tornerà a essere uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia senza frontiere interne, che cerca lo sviluppo sostenibile, un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale come la sua costituzione recita?

Credo sia tempo per tutti noi cittadini di aprire gli occhi per affrontare la realtà, anche quella che fa paura, che è frutto della nostra storia, degli interessi economici sporchi di cui nessuno parla mai e cominciare ad accettare che il mondo è in perpetuo movimento e che l’uomo è viator per natura e nessuno potrà fermarlo, neppure il terrore!