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Oggi presentiamo Globalizzazione e Mondialità: un utile percorso per capire le dinamiche attuali del pianeta.

A parlarcene è Maria Cristina Ranuzzi (nella foto), insegnante, laureata in Psicologia con un Master in Teoria e Prassi dell’Educazione Interculturale. Maria Cristina fa parte della Scuola Interculturale di Formazione “Movimento di Cooperazione Educativa” ed è stata volontaria in America Latina per alcuni anni. Per i suoi studi e la sua esperienza è davvero un'esperta in materia.

Domanda. Perché oggi è così importante studiare ed essere capaci di interpretare il processo di globalizzazione e le dinamiche interculturali ad esso collegate?

Maria Cristina. Se da un lato la realtà nella quale viviamo è sempre più complessa, dall’altro i media continuano a semplificare le cose per rendercele più digeribili. Chi si trova in mezzo prova un strano senso di disagio perché, pur non riuscendo a decodificare la complessità di ciò che accade di fronte a lui, ha però la chiara sensazione che le cose non siano così semplici come ci vengono raccontate.

Domanda. Non è sufficiente la buona volontà per favorire il processo di interazione/integrazione ovvero il passaggio da una società multiculturale ad una società interculturale?

Maria Cristina. La buona volontà è il primo passo, è quella predisposizione di base a prevedere la possibilità di un nostro e di un altrui cambiamento; la buona volontà ci aiuta ad intraprendere il cammino ma poi serve una "bussola". La lettura della società attraverso un’ottica interculturale esige un serio e coraggioso impegno per il quale, però, sono ineliminabili buoni strumenti per la conoscenza della realtà e per la costruzione di progetti formativi di trasformazione.

Domanda. Quanto è richiesta oggi una buona preparazione su queste tematiche dalle ONG, dalle istituzioni, dagli enti locali, dalle agenzie formative?

Maria Cristina. Credo che, per chi lavora in questi campi, la formazione interculturale debba far parte della conoscenze di base. La formazione interculturale consente di vedere sé, l’altro ed il rapporto tra sé e gli altri in un’ottica diversa, o, quantomeno, suscita in noi dubbi sull’unicità delle risposte di fronte ai fenomeni sociali nei quali oggi viviamo. Ci dà strumenti per la decodifica dei conflitti che spesso ci troviamo ad attraversare.

Domanda. A quale tipo di professionalità si rivolge il corso?

Maria Cristina. Direi un po’ a tutti coloro che operano nel sociale; ovviamente interlocutori privilegiati sono formatori, insegnanti, educatori, animatori e tutti coloro che sono a contatto con persone in un processo di formazione, cioè ragazzi e bambini, ma anche (e sarei tentata di dire soprattutto) è rivolta a chi, nel suo impegno quotidiano di lavoro, si trova a contatto con il “cosiddetto” pubblico. Considero comunque la formazione interculturale una formazione necessaria per chi è all’interno di un progetto di volontariato o prevede la possibilità di un impegno nel mondo della cooperazione.