Un altro giro di autobus - La voce dei nostri volontari dal Burundi

25 novembre 2011 - Oggi iniziamo una pubblicazione in puntate di un racconto che ci arriva da Luca, un volontario in Servizio Civile con il VIS in Burundi dove il VIS è presente in Burundi dal 2001 a sostegno delle attività del Centro della Cité des Jeunes Don Bosco di Buterere che accoglie ragazzi e ragazze, tra gli 8 e i 21 anni, con attività sociali, educative e formative, di recupero e di promozione umana. Sono presenti 42 gruppi di giovani, che animano ogni giorno gli spazi destinati all’Oratorio, alternando attività sportive ad attività teatrali e di spettacolo. Le attività ricreative sono seguite sia dai giovani che abitano i 9 Quartieri di Buterere, sia dai 37 bambini che sono accolti presso la Casa di Accoglienza del Centro stesso (e che sono inseriti in un progetto di recupero dei “bambini di strada”, che ha per obiettivo quello del loro reinserimento in famiglia) .

"Frugo nella tasca dei miei calzoni corti. Tasto chiavi, pochi franchi, un braccialetto di cuoio appena staccatosi dal polso, pezzettini di carta stracciati contenenti, non molto tempo addietro, indirizzi oggi completamente dimenticati. Infine. Estraggo il passaporto. Lo guardo per bene un po’ mal conservato, lo confronto con quello di copertina nera della donna accanto a me. Recita, il suo: Paix, Unitè, Travail.

Lo porgo con un gesto cordiale al poliziotto di frontiera, quest’uomo tanto alto quanto impacciato nell’indossare una camicia troppo corta ed un paio di calzoni troppi stretti, tanto che dai neri stivali anti fango spuntano calzini esageratamente bianchi con il viso di topolino. Il francese - la lingua ufficiale del suo paese cosi come espresso dalla Costituzione - non gli appartiene, gli calza male, cosi come la divisa che si trova addosso.

Immagino che lo abbia studiato per non più di due anni, forse tre, nella scuola locale di qualche sperduto villaggio di Cankuzo, forse Muyinga, oppure Mwaro. Se tiene per davvero i 40-42 anni che gli cucio ha passato più di metà della sua vita in una condizione di guerra aperta sfociata in un genocidio, più almeno un’altra decina consumatasi tra vendette politiche, rivolte latenti, assassini mirati, odio artificiale, povertà o miseria, perdita di familiari cari per armi da fuoco o da taglio.

Sorride mentre parla con la gente. È un po’ un improvvisato teatrante sul piccolo palcoscenico che la storia gi sta riservando. Agita le mani, muda intonazione della voce a seconda che parli con uomo, donna o bambino, si fa testimone di un’autorità dalla quale ha dovuto accettare umiliazioni e vessazioni continue per generazioni.

Non conosco il suo nome. Meglio. Gli eroi teneri non necessitano denominazioni comuni. Me lo tengo così, più vicino alla fantasia o alla finzione che alla realtà.

Mi fissa brevemente. Poi allunga l’occhio sulle mie scarpe, un paio di Tiger comprate a San Paolo del Brasile verdi come il colore di un faggio alla fine della primavera. Ride attirandomi cosi gli sguardi dei presenti. Mi dice “Mzungu!” ed in kirundi mi invita, accompagnandosi con gesti della mano, a tendergli il passaporto.

Il mio uomo si trova in cima ad una collinetta di terra rossa sulla quale un casolare spoglio ove una tenda azzurra separa l’ingresso dal cortile. In cima si trova scritto. Douane. Non Frontier. Douane. Il casolare si trova in cima ad una collinetta che per montarci bisogna, a seconda delle doti atletiche di ciascuno, scegliere un percorso di una cinquantina di scalini in pietra mal levigati oppure una pista verticale in terra rossa su cui piedi agili cercano quegli appigli saldi che le capre riconoscono più facilmente che gli uomini."

Luca Catalano, Volontario in Servizio Civile in Burundi

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