Cosa succede in Burundi? Un tragico (e poco noto) aggiornamento

05 ottobre 2015 – A Bujumbura è stato un weekend di sangue. Negli ultimi giorni, la capitale del Burundi è stata teatro di scontri tra manifestanti e forze di sicurezza, che hanno portato a un tragico bilancio di circa 100 morti tra le due parti, stima che proviene da varie fonti non ufficiali.

I manifestanti che protestano contro il presidente Pierre Nkurunziza, rieletto tra le polemiche per l’ennesimo mandato nel luglio scorso, sono persino arrivati ad adottare tecniche da kamikaze: un giovane, questo fine settimana, si è fatto saltare in aria nella zona nord della città uccidendo circa 20 persone, la maggior parte dei quali poliziotti.

Gli scontri sono più cruenti e giungono all’indomani dell’aggravamento delle condizioni economiche e di vita nel Paese, nonché a seguito di una nuova “stretta” della polizia burundese contro l'opposizione, dovuta al timore che manifestanti e oppositori possano saldare le proprie forze con quelle dei militari, una frangia dei quali, a maggio scorso, aveva fallito un colpo di stato.

In quest'ottica si può leggere la creazione di una nuova polizia antisommossa, un'unità speciale istituita nei giorni scorsi e chiamata a intervenire in caso di rivolte. Secondo alcune fonti di stampa, sarebbe composta da circa 300 uomini, essenzialmente tiratori scelti e sarebbe guidata dal tenente colonnello Desirè Uwamahoro, ufficiale dei servizi segreti condannato in via definitiva nel 2010 a cinque anni di carcere per crimini di tortura.

L'Unione Europea, intanto, ha adottato restrizioni di viaggio e il congelamento dei beni nei confronti di quattro pubblici ufficiali, le cui azioni, si legge nel documento, “compromettono la democrazia o ostacolano la ricerca di una soluzione politica alla crisi attuale in Burundi”  e perché “perpetrano atti di violenza, repressione o incitamento alla violenza, inclusi atti che costituiscono serie violazioni dei diritti umani”. Tra le persone interessate dalle sanzioni, secondo quanto riportato da RFI, ci sono Godefroid Bizimana e Gervais Ndirakobuca, alti funzionari della polizia e degli uffici presidenziali, accusati di aver preso decisioni operative che hanno portato ad un uso sproporzionato della forza e ad atti di violenta repressione anche nei confronti di pacifici manifestanti.

La situazione in Burundi si deteriora progressivamente e in misura crescente, senza che la comunità internazionale (UN, UE e UA) riesca a frenare la spirale di violenza e a trovare vie politiche condivise per uscire dalla crisi. Tale evoluzione preoccupa non solo per le gravi conseguenze sulla popolazione locale, ma anche per le ripercussioni che possono interessare l’area dei Grandi Laghi nei prossimi mesi, quando anche il Rwanda e la Repubblica Democratica del Congo saranno chiamati alle urne per le elezioni.

Il VIS e i Salesiani continuano a operare nel Paese per i gruppi maggiormente vulnerabili, soprattutto bambini e giovani, che sono anche i più colpiti dai recenti eventi e dalle deteriorate condizioni socio-economiche.