Emergenza RDCongo: calma apparente e si lavora in squadra al Centro Don Bosco Ngangi di Goma

5 dicembre 2012 - Torniamo ad aggiornarvi sulla situazione in Repubblica Democratica del Congo. Padre Piero Gavioli ci ha scritto e descrive  una condizione di falsa tranquillità è quella che si vive attualmente a Goma. I ribelli dell’M23 hanno promesso di ritirarsi e ogni giorno molti camion partono verso il nord del paese. Ma violenze e saccheggi sono esperienza quotidiana. L’opera salesiana, intanto, coadiuvata da varie ong e organismi internazionali, prosegue nel soccorso agli sfollati.

"È come se i miliziani dell’M23 volessero ritornare a casa con un bottino di guerra, fatto di denaro, di apparecchi elettronici, di abiti, di sedie… e intanto la Monusco – la missione ONU nel paese – si dichiara ancora neutrale”.

Dall’interno del paese giungono racconti che lasciano sgomenti. Un aspirante alla vita salesiana ha saputo dell’omicidio del fratello maggiore, di due zii e quattro vicini; ad un’animatrice dell’oratorio hanno raccontato che la madre è scampata per poco ad un agguato; mentre uno studente in medicina che presta servizio nel dispensario di Ngangi è stato informato che sua sorella, di 11 anni, è stata sequestrata e violentata da uomini armati mentre andava a lavorare nei campi.

“Sono tre episodi che ci toccano a motivo della conoscenza delle persone, ma quanti altri uomini, donne e bambini stanno subendo la stessa passione. Perché? – s’interroga il direttore – Nel Nord Kivu, abbiamo la sensazione netta di essere abbandonati dal governo: chi ha delle armi può fare ciò che vuole”.

Intanto presso il centro salesiano gli sfollati sono ancora molto numerosi: secondo l’ultimo censimento, ci sono 2180 “famiglie”; i bambini sono 6016, di cui 148 non accompagnati.

Da due settimane, il Centro Don Bosco mette a loro disposizione i servizi essenziali:

  • le donne ed i bambini sono accolti nella grande sala polivalente e in due grandi tende allestite dall’ong “Mercycorps”, mentre gli uomini nel campo di calcio;
  • il dispensario medico funziona a tempo pieno, con l’ausilio di 5 infermieri dell’ong “COOPI”. 150 le consultazioni medie giornaliere. Il servizio d’igiene e risanamento è stato fondamentale ha evitato il propagarsi delle malattie.
  • il Comitato Internazionale della Croce Rossa e Mercycorps hanno fornito molte autobotti di acqua al giorno. L’acqua piovana, caduta abbondantemente è stato un aiuto provvidenziale: raccolta da un sistema di grondaie e tubazioni, purificata in una grande cisterna semi-interrata, è distribuita in tutto il Centro;
  • il cibo degli sfollati è a carico del Programma Alimentare Mondiale, che sta distribuendo una razione secca per dieci giorni. L’ong “Save the Children” prende in carico i casi di malnutrizione severa e, assieme a “Medici senza frontiere” e altre ong, fornisce medicinali.
  • Intanto da ieri, 4 dicembre, sono iniziati i primi rientri dei profughi: circa 600 persone, su 10 camion e 10 minibus.

La decisione di aiutare le persone a tornare nei villaggi d’origine è stata presa dall’insieme delle ONG attive a Ngangi, considerati molti fattori: la volontà degli stessi sfollati; la valutazione sulla sicurezza delle aree, realizzata dalla missione di valutazione del “cluster protection”; l’aiuto offerto per il viaggio (cibo, acqua, sapone, teli e trasporto); la promessa di sostegno prolungato da parte del PAM, dell’Unicef e di altre ong attive nell’educazione e nella cura sanitaria; e la necessità per il Centro Don Bosco di riprendere le attività educative a vantaggio dei 3600 suoi allievi.

Oggi, mercoledì 5 dicembre, è in programma una riunione dei responsabili delle ong con l’Alto Commissariato per i Rifugiati (HCR) per vedere quali altre soluzioni adottare. Progressivamente, tutti gli sfollati dovrebbero lasciare il Centro Don Bosco.