VIS IN BOLIVIA: le esperienze cambiano gli occhi

16 settembre 2013 - Lunedì, ore 21.00, Santa Cruz della Sierra. Bolivia. Siamo al Techo Pinardi, una casa di accoglienza notturna, con capacità di 50 posti letto, per adolescenti in situazione o rischio di strada ed adolescenti con misure educative in sostituzione alla privazione di libertà fino ai 17 anni. I ragazzi stanno giocando a calcio in cortile, lancio un saluto generale e mi avvio all’uscita. Seduto sui gradini, trovo Enrique, curvo, sguardo rivolto verso la porta, che fissa con intensità. Mi fermo, mi siedo accanto a lui: “Enrique, mi dai l’impressione di avere una voglia matta di uscire da qui, vero?”. Annuisce.

Enrique non è un ragazzo di strada, entrato a Techo volontariamente. Enrique, 16 anni, è in attesa di sentenza per un reato commesso, una “huevada”, “fesseria” – la definisce amaramente lui: da 84 giorni aspetta impaziente di sapere se uscire da quella porta significherà tornare alla libertà.

Stessa porta, solo qualche ora prima, alle 18.00, orario di accoglienza a Techo. È una routine che accade quasi tutti i giorni: si sente bussare con forza e immediatamente qualcuno dei ragazzi all’interno urla: “puertaaaa!!!”, un richiamo all’educatore incaricato perché vada ad aprire. Ieri, a bussare, era un gruppetto dei soliti, di quelli ancora non stabili, quelli che entrano in Techo, si fermano per qualche giorno e poi tornano in strada, a “hacer plata” – dicono – “fare soldi” .

Penso ad Enrique, al significato che dà a quella porta… e penso a loro, chissà come la vedono?

Sabato pomeriggio, ore 16.00. Percorrendo un incrocio, parecchio trafficato, noto un ragazzo che, con tre grosse pietre, fa il giocoliere di fronte alle auto in attesa al semaforo. Lo guardo di sfuggita, ma non mi sembra di conoscerlo, dunque attraverso. Un istante dopo sento “Hermanaaa! Y como es que pasa sin saludarme?!” (“com’è che passa senza salutarmi?!”). Mi volto e sì, osservando meglio, in effetti è un viso già incontrato, fuori, in una delle varie uscite in strada. Josè Carlos, anni 22, conosce molto bene Techo, la casa, i suoi ritmi, coloro che ci sono dentro. In passato, la sua porta si deve essere aperta e chiusa per lui un sacco di volte; oggi però resta chiusa, è maggiorenne ormai.

Diversi significati, diversi modi di vedere la stessa cosa. Vedere,  mi ritrovo a pensare a come, forse, non siano proprio gli occhi a dare un differente valore, senso a ciò che si osserva.

Nel mese di agosto ho avuto l’opportunità di uscire da Santa Cruz e viaggiare un po’ alla scoperta di alcuni angoli straordinari della Bolivia. Sono rientrata carica di souvenirs, ricordi fotografati dai miei occhi: paesaggi incredibili, distese infinite, spazi così vasti, impossibili da abbracciare con lo sguardo. Colori unici: trame intricate nei tessuti degli abiti delle donne boliviane, sfumature di natura tra le montagne intorno al Salar di Uyuni e quel bianco accecante delle distese di sale che ricompare inaspettatamente nelle numerose chiese coloniali di Sucre. Rosso sulle guance dei bambini. Argento nei capelli di un’anziana donna di La Paz che, in silenzio, attende i beneficiari dei suoi talismani e gli amanti delle sue spezie.

Mentre passeggiavo per questi luoghi, i miei occhi erano quelli del viaggiatore, attivati in quella modalità che pare essere decisamente più pronta a cogliere il particolare, l’unico di ciò che lo sguardo incontra..

Mi chiedo: ho mai guardato Santa Cruz con questi occhi? Forse no, non lo so, in fondo per me Santa Cruz è luogo di “vita”, non di “viaggio” e i luoghi in cui si abita si guardano con altri occhi.

Penso però a Josè Carlos al semaforo e non posso non chiedermi se dal mio arrivo qui i miei stessi occhi non siano cambiati. Mai a Torino, attraversando un incrocio, avrei guardato con attenzione un ragazzino che fa il lavavetri o il giocoliere.. perché nulle erano le probabilità che lo conoscessi.

Le esperienze cambiano gli occhi e il modo in cui guardiamo.

Ecco. Vale per me, per Enrique, i soliti di Techo, Josè Carlos. Tutti.

Buona ripresa delle attività a tutti!.. perché settembre non sia solo la “fine delle vacanze”, ma “l’inizio di nuove opportunità”!

Anna

Volontaria VIS in Bolivia