8 marzo: Auguri a tutte le donne. Noi vi regaliamo la storia - di speranza - Jeanette dalla Repubblica Democratica del Congo.

7 marzo 2014 - Questa è la storia di Jeannette e potrebbe essere quella di centinaia di donne che vivono nella regione del Nord Kivu, che vivono a Goma, in Repubblica Democratica del Congo, in un territorio che da più di vent’anni vive una guerra dietro l’altra. Lei ha avuto la fortuna di incontrare nel suo cammino qualcuno che si è preso cura di lei, di un pezzo della sua vita, di qualcuno che fosse in grado di capire l’importanza di una vita autonoma e degna, di capire che una donna, anche se priva di mezzi, marginalizzata e considerata da nessuno, può avere sempre delle opportunità. 

Nel mese di febbraio 2014 - e vi diamo una BUONA NOTIZIA - il Centro Don Bosco Ngangi con l’aiuto del VIS e della Conferenza Episcopale Italiana ha terminato la costruzione di una struttura composta da due classi un ufficio e un deposito, nel quartiere di Kinogo, che ha sostituito la piccola casetta di legno. Questo intervento è stato voluto per consolidare quest’esperienza, perchè crediamo fermamente che una mamma, una donna, una ragazza, se aiutata, se messa nella condizione di potersi esprimere, può cambiare la sua vita.

Non ci potrebbe essere giorno migliore dell’8 marzo per presentare il FOYER ANUARITE, centro di formazione per corsi brevi in sartoria, artigianato, parrucchiera, estetista e alfabetizzazione, per giovani ragazze, donne adulte che vivono in situazione di marginalizzazione.

Jeanette ci racconta la sua esperienza così..

Non lo so dove sto andando e sinceramente non mi interessa, sento la presenza del nulla, ho paura e sono sola, sono sola con il mio bambino.

L’unica emozione che mi fa andare avanti è quella che presto rivedrò il  mio  primogenito che ha solo sei anni. A causa di un combattimento molto cruento si è separato da me e si è perso. Non lo vedo da circa sei mesi, pensavo fosse morto. Un giorno mi dicono che si trova in un Centro di accoglienza, la Croce Rossa lo ha trovato e portato lì. Ora vado a riprenderlo, ma cosa farò poi, non lo so. Non so più dov’è mio marito, sono ospite in casa d’altri, sono scappata dalla mia terra d’origine a causa di una guerra, sono stata accolta da una donna che molto gentilmente ha aperto la sua casa. Non ho un posto, un lavoro, non so fare nulla...

"Arrivo al Centro Don Bosco Ngangi di Goma, in Repubblica Democratica del Congo, accompagnata dalla Croce Rossa internazionale. Mi hanno detto che dovrò stare qui per un po’ di tempo, ovviamente nessuno sa quanto e nessuno sa darmi delle risposte defintiive, ho solo la forza di riabbracciare il mio bambino.

I primi giorni mi oriento difficilmente, questo posto é enorme e pieno di persone. Per fortuna questa sensazione piano piano scompare e visti i tempi apparentemente lunghi di una mia permanenza qui, gli operatori del Centro Don Bosco, i volontari del VIS, i Salesiani di Don Bosco  mi propongono di fare una formazione per imparare a cucire e forse a leggere.

Perché no? Mi dico, nessuno mi ha fatto mai una proposta del genere e, all’età di 27 anni con due bambini a carico, inizio ad andare a scuola.

Ogni mattina mi incammino su un sentiero di lava, con le altre ragazze ospiti del Centro per raggiungere la mia scuola, che altro non è, una casa di legno costruita dal Don Bosco nel quartiere di Kinogo.

Le due stanzette, pensate per accogliere una famiglia, ora sono delle aule, in una ci sono le macchine da cucire e nell’altra una lavagna per l’alfabetizzazione.

Mi viene facile cucire, imparo velocemente e mi dicono che sono anche abbastanza brava.

Mentre lavoriamo, tutte stipate in questo spazio forse un po’ piccolo, accompagnate dal chiacchericcio di sottofondo, mi rendo conto che per un momeno tutte noi possiamo lasciarci alle spalle la nostra storia. 

Possiamo lasciare alle nostre spalle la paura del futuro, i nostri problemi. L'incertezza  di riuscire a mettere qualcosa da mangiare sul tavolo per i nostri bambini insieme all speranza che possa piovere cosi da evitare il lungo tragitto necessario a prendere l’acqua, tragitto pericoloso perchè possiamo essere aggredite dai militari, dai tanti banditi in circolazione. Oppure sperare che non piova, così che la pioggia non entri in casa; che mio marito non rientri a casa ubriaco e non mi metta di nuovo incinta; che riesca a trovare qualche soldino per un pezzo di sapone, un tessuto, una medicina; che mia madre non mi mandi a prendere la legna; che trovi un materasso vuoto per poter dormire; che mio fratello non mi rubi la coperta o il cibo; che l’uomo che mi ha messo incinta non rifiuti questa gravidanza, altrimenti la mia famiglia mi butterà fuori casa, perchè una bocca in più da sfamare sarebbe troppo; che riesca a trovare dei soldi per partorire in un dispensario

Possiamo dimenticare tutto questo, possiamo ridere, scherzare, spettegolare sulle vita degli altri.

Oggi mi hanno detto che fra un mese partirò, hanno trovato qualcuno della mia famiglia. In attesa di questo giorno al Centro mi hanno dato l’opportunità di fare dei piccoli lavori per avere in cambio una macchina da cucire. Questo mi permetterà di lavorare, di trovare da mangiare per i miei bambini, di non essere un peso per chiunque mi accolga.

Sono di nuovo in macchina, per un altro viaggio, lascio il Centro Don Bosco, ma questa volta i miei sentimenti sono diversi, certo ho ancora paura, non so cosa mi aspetta, ma so che ora valgo qualcosa, perchè sono capace di fare qualcosa. Ho vissuto in mezzo a donne e ragazze come me, sono state mie compagne di classe, mie amiche ed ora come loro posso affrontare il futuro. Si sono di nuovo in macchina, ma ora il mio sguardo non è perso nel vuoto e un sorriso mi affiora sulle labbra.

Un grazie a Monica Corna, volontaria internazionale del VIS, per aver raccolto e raccontato la storia di Jeanette.