Burundi: il silenzio degli innocenti

30 maggio 2016 - Un nostro operatore VIS in Burundi ha scritto una riflessione toccante, sincera e disarmante sull'attuale situazione del paese. La riportiamo di seguito, sperando che aiuti a riflettere.

"Un sovversivo condannato a vita scriveva dalle carceri fasciste italiane: “Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita”.

Nel suo messaggio per la giornata della pace, gennaio 2016, Papa Francesco denuncia la globalizzazione dell’indifferenza che cancella mentalmente quello che succede nelle periferie geografiche ed esistenziali del mondo. Fuggire i problemi, fare finta di nulla, chiudere gli occhi. Poi chi ha in mano l’informazione manipola i fatti, racconta storie inesistenti e cause impossibili, inventa una sua realtà che poi diviene storia.

Nelle periferie del mondo e in pieno black-out giocano da sempre i paesi occidentali pronti a far massacrare contadini poveri, uomini e donne, vecchi e bambini, soltanto per le loro priorità politiche. Per chi vive il neocolonalismo ogni giorno, dietro questa parola ci sono i volti di storie di vita spesso insopportabili.

Repubblica Centrafricana. Per alcuni, solo una “provincia francese” in Africa. Il governo francese cambia i presidenti quando vuole. Nel 2003 il presidente eletto democraticamente è cacciato dal generale Bozize suo Capo di stato maggiore con l’appoggio della Francia. Nel 2006 le popolazioni all’est di Ndele terra di traffici e di razzia si sollevano chiedendo di avere scuole, ospedali e strade. Bozize risponde ed invia i militari. Sarkozy invia i Mirage ed i parà francesi. Villaggi incendiati, donne stuprate, vecchi e bambini uccisi. Si firma nel 2008 un accordo di pace che Bozize non rispetterà. Nel frattempo Bozize mette fuori Total dal paese, fa degli accordi con i cinesi per il petrolio e con i sudafricani per i diamanti. Come Dacko Bozize ha superato il limite. Nel 2011 tramite il presidente Deby del Tchad, si organizza la ribellione. Si comprano armi in Libia e si prepara un migliaio di persone, la Seleka. Fine 2012 ed inizio 2013. Bozize è scaricato. La Seleka prende Bangui il 24 marzo 2013. Al suo passaggio saccheggia tutto, ruba tutto e brucia il resto. Djotodia si autonomina presidente. L’ambasciatore francese è il primo ad andare a salutarlo, noi a Bangui siamo saccheggiati fino ai biscotti.Una storia vera tra tutte. Louise. Venti anni. Bella. Vende gli aranci al mercato centrale. Uomini della seleka la rapiscono. La legano ad un albero. Sodomizzata per ore da una decina di seleka. Portata in ospedale per rottura dell’intestino. Piange senza interruzione da giorni sul suo letto in quel che resta di un ospedale. La andiamo a trovare. Gli hanno transmesso anche l’AIDS. Ma chi farà giustizia a Louise? Cresce intanto la rivolta popolare. Siamo in dicembre 2013. Bangui è circondata dagli anti-balaka. Scoppia la rivolta. Migliaia di morti a Bangui. Le truppe francesi arrivano due giorni dopo la rivolta con i cadaveri ancora per strada. Come liberatrici e garanti della libertà, ma il paese non esiste più. Gennaio 2014. Djotodia prende l’aereo come presidente della repubblica per il Tchad ma non tornerà più a Bangui sostituito à Ndjamena da una donna. Ancora i francesi. Migliaia di morti nel paese. Nove mesi di stragi. Ma chi farà giustizia?

Burundi 2015. Dal 1990 tramite Museveni e Kagame, gli USA vogliono cacciare i regimi filofrancesi. Prendono il Rwanda, cacciano Mobutu e vi mettono un rivoluzionario senza rivoluzione, Kabila che Che Guevara aveva abbandonato perché disperato dalla sua maniera di vivere nella foresta della RDC. Kabila sarà ucciso per non aver rispettato i patti con Museveni e Kagame. Esce dall’anonimato un figlio di madre rwandese che prende il suo posto. Intanto il Rwanda ruba diamanti, coltan ed altro protetto dagli USA nel Kivu per la gioia delle banche USA. Dopo il Rwanda tocca al Burundi.

Bujumbura, giugno 1993. Il presidente eletto democraticamente è un Hutu e si chama Melchior Ndadaye. Dopo più di trent’anni di dittatura militare tutsi. Il partito FRODEBU vince su tutto il paese. L’elezione non è accettata dai militari pro-Buyoya. Il complotto comincia. Nel mese di ottobre il capo di stato maggiore Jean Bikomagu arresta il Presidente. Il colpo di stato è in corso. La Francia è pronta ad intervenire con i parà da Kigali per liberare il presidente. Anche la Tanzania è pronta. Gli USA bloccano tutto. Ndadaye è ucciso, comincia la guerra civile e fa 300.000 morti almeno. Gli USA e non solo loro vogliono i generali tutsi al governo, quale democrazia! Buyoya prende ilpotere nel 1996 dopo aver bloccato per tre anni le istituzioni del paese.

Aprile 2015. Il regime cade nella trappola del terzo mandato. Anche loro vogliono governare per 40 anni come i generali Tutsi. Per rubare e saccheggiare come gli altri il paese. Quale democrazia, il paese non la conosce. Il terzo mandato crea il caos nella coscienza dei benpensanti e la reazioni di tutti gli oppositori al regime. Il potere si radicalizza. Gli oppositori lo spingono verso la radicalizzazione. Ormai sono i generali a comandare. Il Burundi diventa una repubblica militare. L’occasione tuttavia è troppa ghiotta:quella di un potere che non rispetta la costituzione e gli accordi di Arusha. Un potere filofrancese. Bisogna cacciare Nkurunziza. Ma la Francia lo difende di nascosto e poi apertamente. La Cina e la Russia lo difendono. Dall’altra parte USA, Belgio, Olanda, Germania tutti contro il terzo mandato. Il Burundi è un paese che ha vissuto 50 anni nell’impunità: massacri a ripetizione.

Nessuno mai giudicato e condannato. Centinaia di migliaia di morti, senza volto e senza giustizia. Con le cancellerie occidentali a giocarsi l’influenza sul paese. Ma come si fa a gestire un paese che non ha mai cambiato il modo di governare da cinquanta anni? Violenza e sopraffazione, su i più poveri, dal 1962.

I giorni ed i mesi passano. Il regime non cade. Chi attendeva la sua caduta si domanda: Ma chi arma il regime di Nkurunziza? Le armi arrivano dal lago ma non si sa chi le dà o forse si. Silenzio! Chi paga il regime? Non si sa ma forse si. Silenzio! Nel frattempo lotte interne di potere tra i famosi generali usciti dalla guerra civile. Radio bruciate. Libertà fondamentali negate. Squadroni della morte. Persone spariscono tutti i giorni, civili e militari, donne ed anziani. Dove finiscono? Non si sa ma forse si. Silenzio! Le sanzioni accrescono la fame della gente povera mentre a Bujumbura i ricchi bevono champagne dal mattino e trafficano sulla pelle della loro popolazione.

Nella zona dei Grandi Laghi si sta giocando un capitolo di quello che Papa Francesco chiama la terza guerra mondiale. Lotta per il controllo delle ricchezze di pochi paesi e per un posto geopolitico da difendere a tutti i costi, poco importa se degli sconosciuti, di cui nessuno conosce l’esistenza, uomini e cittadini africani, ruandesi, congolesi o burundesi muoiono tutti i giorni troppo lontani da Washington o Parigi per fare sentire la loro voce. Poi loro faranno i discorsi sulla libertà ed i diritti fondamentali, che calpestano tutti giorni, sulle onde delle televisioni occidentali. Una domanda: ma perché non andate a casa vostra a fare la guerra?

I leader africani hanno rifiutato di ragionare con la loro testa. Devono sempre avere una sponda. Si fanno grandi ma sono giganti con i piedi di argilla, saranno poi spazzati via quando non serviranno più a coloro che oggi se ne servono. Frantz Fanon diceva che il colonizzato non sogna che prendere il posto del colonizzatore e di fare la sua vita.

Bujumbura, 26 aprile 2015. Francesco, 16 anni, sguardo vivo, intelligente, boyscout, esce di casa per andare a vedere la manifestazione contro il terzo mandato. Non tornerà più. Una pallottola della polizia nella testa lo uccide. Sarà il primo di centinaia di morti, migliaia di arresti, di torturati, di scomparsi. Nei due campi.

Il gioco ha sorpassato le frontiere del piccolo paese ormai considerato il più povero del mondo. Talmente piccolo che è cancellato dalla storia quotidiana e messo tra i casi impossibili. Il silenzio è sceso sulla regione tra le più ricche dell’Africa. Chi ha bisogno di questo silenzio? Provate a rispondere."