I bambini soldato? ''Sono anche quelli arruolati da mafia e camorra"

Don Tonino Palmese, parroco di Portici (NA) ospite a "Trenta Ore per la Vita", parla del fenomeno partendo dalla sua esperienza

MILANO - “Quando penso ai bambini soldato penso all'esercito di quei bambini organizzati dalla criminalità nell'Italia meridionale”. Parole di don Tonino Palmese, salesiano e parroco di Portici (Na), è docente all’Università di Napoli Parthenope, referente per la Campania dell’associazione Libera e coordinatore del movimento anti camorra di Napoli.

Questa mattina ha preso parte alla diretta di Trenta Ore per la Vita, maratona televisiva dedicata al finanziamento di progetti dedicata all’infanzia in difficoltà in Italia e nel Mondo, trasmessa da Rai2 dal 4 all'8 settembre. “C'è una realtà di bambini-soldato che può far dispiacere i benpensanti - dice don Tonino, affrontando il tema della giornata -: se essere bambini soldato significa appartenere ad un esercito del male, come quello della criminalità organizzata, esistono anche nell'Italia meridionale”.

Un mondo semisommerso, difficile da fotografare: “Le cifre non sono facilmente raggiungibili guardando alla giurisprudenza minorile o a quanto possiamo attingere dai tribunali e dalle procure minorili - dice don Palmese -: la realtà è molto più macroscopica e non tutti questi ragazzi fanno l'esperienza della denuncia, dell'arresto e del processo”.

Giovani bruciati, che finiscono nella rete della malavita “per motivi non solo di carattere economico, ma legati alla cultura del posto”, andando a costituire “un esercito invisibile di minori aggregati alla criminalità organizzata, ragazzi che si stano convincendo che guadagnare a tutti i costi è bello e che fuggire i percorsi normali della crescita accelera il percorso verso l'età adulta. Non per niente si dice che ai bambini soldato viene negata l'infanzia”.

Don Tonino denuncia la strategia criminale della criminalità, “una struttura che ingloba la vita di questi ragazzi e li sfrutta per i propri interessi, come il trasporto di droga o di armi”, sfruttando situazioni di debolezza e di bisogno che maturano nel degrado delle periferie.

Cosa fare per salvare queste vite? “Il tentativo è quello di incrementare i luoghi e le situazioni educative importanti - dice don Tonino -. Fuori da questa ipotesi è impossibile ottenere qualcosa con questi ragazzi, che molte volte vengono cresciuti con il mito del successo e del denaro. Anche in realtà come queste l'educazione diventa possibilità di crescere insieme con valori come l'amicizia e la condivisione, che ci fanno diventare uomini”.

(ar, ©Redattore Sociale)