Racconto dalla Bolivia: i ragazzi del Techo Pinardi

25 gennaio 2013 – Dalla penna di Alice De Negri*, studentessa dell'Universitá degli Studi di Padova in questi mesi di tirocinio e volontariato con il VIS in Bolivia, uno stralcio della sua vita a Santa Cruz della Sierra, in Bolivia, nel tentativo di condividere con tutti voi le sue sensazioni di oggi.

La mia esperienza di quattro mesi si è svolta principalmente all’interno di una delle tappe del Progetto Don Bosco, nella casa di accoglienza notturna e diurna Techo Pinardi. La casa ospita ragazzi ed adolescenti di strada, con gravi problemi familiari e anche qualche ragazzo che ha commesso reato contro la proprietà o la persona. Questi ultimi sono ragazzi “fortunati”, poiché invece del carcere, hanno l'opportunità di attendere il giudizio del tribunale vivendo in Techo.
 
Ciò che ho visto, vissuto e provato all’interno della casa è stata per me una vera e propria scuola di vita. Inizialmente avevo un po’ di timore di affrontarne la realtà, avevo paura di non essere accettata dai ragazzi, di scoprirmi inadeguata ad affrontare le problematiche che mi sarei trovata a gestire. È stata quindi una sfida, che sono davvero felice di aver accettato, perché quello che mi ha regalato ed insegnato non ha prezzo. 
 
I ragazzi di Techo sono delle vere e proprie forze della natura. Hanno dei caratteri molto forti e sono diversi tra loro. Ognuno ha una storia di vita disarmante: ogni volta che questa mi viene raccontata, mi sembra di essere di fronte al copione di un film. Le situazioni vissute dai ragazzi sono dure e crude: casi di violenza, abuso sessuale soprattutto da parte dei familiari, vita di strada, droga.
Vedere che nonostante tutto riescono ancora a sorridere, giocare, mi ha più volte fatto riflettere sulla delicatezza delle loro situazioni e sul fatto che, nonostante i loro vissuti, nonostante spesso non rispettino le regole, nonostante non abbiano degli obiettivi precisi, ognuno di loro merita una seconda possibilità, che la vita da sola non gli ha dato, ma che Techo Pinardi gli può offrire. Spesso non è facile credere che possano cambiare ma in realtà il segreto sta  proprio in questo: fargli sentire che ci sono delle persone che hanno fiducia e credono in loro. I ragazzi, anche se non lo ammettono esplicitamente, hanno bisogno di sapere che qualcuno per loro c’è. Quello che gli è successo li ha fatti crescere più in fretta di quanto avrebbero dovuto: vivere sulla strada gli ha strappato l’infanzia e gli ha dato un bagaglio di esperienze non indifferente, ma dall’altra parte sono ancora dei bambini alla ricerca di affetto, di un semplice sorriso o di un abbraccio, che li faccia sentire protetti e coccolati.
 
E forse, proprio capire questo, mi ha aiutata a “vincere” la sfida iniziale. É stata per me una grande soddisfazione sentirmi accettata adottando comportamenti per me naturali e che per loro però evidentemente così scontati non sono. Ascoltarli, dar loro dei consigli, dargli affetto è stato emozionante e forte anche per me, e mi ha lasciato la speranza che riescano a dare una svolta alla loro vita, che possano trovare il coraggio di cambiare e voltare pagina. E per questo credo fermamente in Techo, nel lavoro che viene portato avanti ogni giorno, nella presenza di educatori non solo preparati, ma anche sensibili, in grado di dare ai ragazzi quel sostegno di cui hanno tanto bisogno.
 
Durante la mia permanenza nella casa ho avuto l’onore di conoscere in particolare un educatore, che mi ha insegnato come affrontare situazioni difficili e trasmesso valori essenziali. Ho lavorato al suo fianco nel corso di missioni in strada alla ricerca di un dialogo con ragazzi difficili e particolarmente diffidenti. Ci siamo recati presso punti nevralgici per chi conduce una vita di strada in Santa Cruz: si cerca sempre di instaurare una relazione, per poi, dopo due o tre incontri, una volta ottenuta un po’ di fiducia, proporgli Techo come soluzione per la notte.

Il contatto diretto con la strada è importantissimo, perché consente di avvicinare questi ragazzi, avviare un percorso educativo di recupero, reinserirli in un itinerario scolastico e prepararli ad un lavoro. Una volta avvicinati, un po’ per curiosità, un po’ per bisogno, i ragazzi si presentano alla porta di Techo. A volte solo per una notte, tuttavia è il modo concreto attraverso il quale scoprire che esiste un posto sicuro, sapere che c’è una porta che troveranno sempre aperta. Si instaura in loro un'idea, un impulso che può aiutarli a cambiare, a iniziare a pensare ad un’alternativa alla vita in strada.

Non è facile, è una sfida molto dura, che richiede sforzi continui e presenta ostacoli, ma con il dialogo ed il sostegno, insomma con tutto quello che Techo Pinardi rappresenta, ognuno di loro può davvero farcela".

*Alice De Negri frequesta il secondo anno di laurea magistrale in Istituzioni e Politiche dei Diritti umani e della Pace (IPD) dell'Universitá degli Studi di Padova.