La cooperazione vista dal volontariato: "Un lavoro complesso di tanti piccoli ingranaggi che operano in sincronia"

10 settembre 2019 - Quella che segue è la testimonianza di Alessandra De Poli che è partita come volontaria per il Senegal grazie al Charity Work Program dell'Università Cattolica di Milano. Assieme a lei anche Clara Lomonaco. Arrivate a Tambacounda hanno trovato Marianna, Tiziana e Katia del VIS e un mondo ai loro occhi nuovo e tutto da scoprire:

 

"È già passato più di un mese da quando io e Clara siamo arrivate in Senegal. Siamo arrivate qui a fine luglio grazie al Charity Work Program dell’Università Cattolica di Milano, dove frequentiamo la facoltà di Scienze politiche e sociali. Dopo qualche giorno a Dakar ci siamo trasferite in una parte di Senegal più rurale, quella che tutti a Dakar ci hanno descritto come “l’Afrique traditionelle”, quella con i villaggi e le strade in terra battuta, non come la capitale che, sempre più inquinata, si sta sviluppando con un tasso di crescita insostenibile.

 

Non è facile descrivere l’Africa senza stereotipi. Forse perché come scriveva Kapuscinski, una sola Africa non esiste, ce ne sono tante. L’Africa di Dakar non è l’Africa di Tambacounda, dove non si sa quando andranno avanti a costruire il marciapiede davanti casa, dove nel tragitto per andare in ufficio si incontrano maiali, anatre, caprette e prima della Tabaski anche qualche montone, dove basta girare l’angolo per trovare discariche a cielo aperto, dove tutti ti salutano e i bambini ti urlano “toubab” (che vuol dire “bianco”) per attirare la tua attenzione sfiorando la sfacciataggine, dove gli stessi bambini all’improvviso si riversano nelle strade quando appare una maschera tradizionale chiamata “kankouran”.

 

Ormai alcune cose sono entrate a far parte della quotidianità. Sveglia, colazione, una breve camminata fino all’ufficio costellata da “Bonjour” e “Ça va?” scambiati con il vicinato e i colleghi e poi qualche ora di lavoro. Poi il pranzo a base di riso con salsa di arachidi (uno dei principali prodotti di esportazione del Senegal), oppure con pesce, carne o verdure; ogni tanto un po’ di riposo se fa particolarmente caldo. E poi si torna in ufficio, oppure da Tambacounda si va a Kaolack a seguire alcune delle attività del progetto, si va in visita ai partner locali, si mantengono le buone relazioni con gli attori istituzionali… Essere volontaria per VIS mi sta dando la possibilità di vedere quanto lavoro ci sia dietro un progetto, quanti contatti da prendere, quante cose da conoscere sul Paese nel quale si lavora, quante fatture da raccogliere per poi rendicontare tutto fino all’ultimo centesimo…

 

È il lavoro complesso di tanti piccoli ingranaggi che operano in sincronia. Le lancette dell’orologio non si fermano mai, ma questo solo perché il meccanismo che sta alla base funziona alla perfezione. Dall’esterno si vedono solo le lancette scorrere, a tal punto che diamo per scontato che non si incepperanno mai. In realtà per non incepparsi c’è bisogno di molta precisione.

 

Poter fare questa esperienza di volontariato con VIS mi ha dato la possibilità di toccare con mano tutti gli ingranaggi della cooperazione, e sono grata per aver avuto la possibilità di andare così in profondità. Anche se con il mio percorso di studi ero vicina alle tematiche del mondo della cooperazione, il lavoro sul campo fa capire che ci sono troppe cose che non raggiungono l’opinione pubblica e quindi facilitano la nascita di pregiudizi non solo nei confronti dell’Africa, ma anche nei confronti delle ONG. La cooperazione in se stessa in realtà è molto variegata e ogni progetto è a sé. È frustrante vedere come in Italia si tenda a semplificare un mondo che all’interno di sé ha miliardi di storie da raccontare. Dal personale in Italia, al personale espatriato, a quello locale, ai volontari, a chi gestisce i centri di formazione con i quali stiamo lavorando, a tutti i rappresentanti istituzionali, agli altri cooperanti… Sono questi tutti gli ingranaggi che permettono di portare a termine un progetto e di far sì che le lancette dell’orologio continuino a girare. E le lancette continuano a correre per cercare di rendere il mondo un posto un pochino più equo, con più opportunità per tutti, non solo per chi è nato dalla parte giusta del globo".