RDCongo: cosa succede a Goma? Ripresi gli scontri

21 maggio 2013 - Padre Piero Gavioli, direttore del Centro Don Bosco Ngangi dove operano i volontari internazionali del VIS, ci aggiorna sulla situazione in Nord Kivu.  

La notte è stata tranquilla, oggi c'è scuola come sempre, ma a Kibati (12 km a nord) si sente sparare. Evidentemente non ci sono notizie precise, ogni campo accusa l'altro di essere all'origine della sparatoria di ieri. Non ci sono negoziati in corso. Ci dovrebbe essere una forte pressione internazionale perché i belligeranti smettano di parlarsi con i fucili e i mortai e si siedano a un tavolo di negoziato. Per il momento aspettiamo l'evoluzione degli eventi. Aiutateci con la vostra preghiera. Se avete contatti con ministri o parlamentari, dite loro che non dimentichino questa popolazione che subisce una guerra senza sapere perché.

Al Centro Don Bosco stiamo tutti bene e continuaimo a fare il nostro lavoro. Ci hanno chiesto se possiamo accogliere rifugiati, come abbiamo fatto sei mesi fa. Ho risposto che in caso di urgenza estrema, lo possiamo fare; per il momento, siamo a poche settimane dalla fine dell'anno scolastico, vorremmo che gli allievi delle nostre scuole possano terminarlo quasi normalmente. 

Segue il racconto della giornata di ieri

COSA SUCCEDE A GOMA?

Purtroppo, un ennesimo episodio di una triste storia che dura da ormai 20 anni.

Un po’ più di un anno fa si è ammutinato un gruppo ribelle di militari, che si è chiamato “M23”. Si rifacevano infatti agli accordi conclusi il 23 marzo 2009 – di qui il nome M23 - tra il governo di Kinshasa e la ribellione di Kunda, durata vari mesi.

La nuova ribellione, guidata da Bosco Ntaganda – ricercato dal tribunale penale dell’Aia dove si trova ora – e sostenuta dal Ruanda e dall’Uganda, è nata per reclamare l’applicazione – non avvenuta secondo loro – degli accordi del 2009.

Dopo una serie varia di attacchi e di ritirate, alla fine di novembre 2012, l’M23 ha occupato Goma durante 10 giorni, poi si è ritirato a pochi km a nord di Goma, e ha continuato ad occupare miltarmente e a sfruttare economicamente una buona parte della regione del Nord Kivu.

Su pressione internazionale, governo e ribelli si sono incontrati a Kampala, senza arrivare ad un accordo. I paesi della regione dei Grandi Laghi hanno deciso di inviare a Goma una forza di intervento africana, che dovrebbe ridurre tutti i gruppi armati (ultimamente ne sono sati recensiti 27, ma ne nascono altri ogni giorno). Questa forza sta arrivando, dovrebbe essere operativa fra tre mesi. Per impedirne o ritardarne l’intervento – è la nostra ipotesi – oggi l’M23 ha sferrato un attacco contro le forze armate governative a Kibati, 12 km a nord dei Goma. Ed è iniziato un ennesimo esodo di rifugiati, sopratutto di donne e bambini che cercano un po’ di sicurezza e che arrivano tra l’altro al Centro Don Bosco Ngangi. Non sappiamo cosa capiterà domani: possiamo solo prevedere tanta sofferenza ingiusta e inutile per un popolo già allo stremo.

Due settimane fa, il 6 maggio, il vescovo di Goma, Mons. Kaboy, ha lanciato un messaggio in cui descrive la situazione di paura e di incertezza della sua diocesi.

  • La fisionomia attuale della Diocesi di Goma è spaventosa. Da tutte le parrocchie ricevo grida di allarme che parlano di scontri, di assassini, di saccheggi, di furti a mano armata. Le numerose milizie e gruppi armati seminano terrore particolarmente negli ambienti rurali a tale insegna che molte attività pastorali si trovano seriamente bloccate. Ci sono parrocchie in cui né i preti né i watumishi (laici animatori pastorali) non possono circolare liberamente a causa della molteplicità di barriere e della circolazione di giovani guerriglieri che, talvolta sotto l'effetto degli stupefacenti, impauriscono ogni passante, esigono denaro e proferiscono minacce di morte. Molti coltivatori e soprattutto le mamme non osano più andare nei campi per paura di essere stuprate selvaggiamente. 
  •  Gli allievi e gli altri giovani non scolarizzati sono condannati al vagabondaggio e diventano così prede facili di arruolamento forzato nei gruppi armati; là si strappa loro "l’infanzia" per insegnar loro ad uccidere. Ce ne sono anche che scendono nelle miniere di cui la maggior parte costituiscono dei "luoghi del vizio". Non passa una settimana senza che io venga a saperea che tale o tale villaggio è stato incendiato, il bestiame portato via, morti, feriti. Spesso si incontrano cadaveri sui sentieri. Nella fuga i membri della famiglia non hanno la possibilità di organizzare un minimo di funeraie decenti. 
  • Durante una mia visita alla parrocchia di Matanda, appena prima di riprendere la strada di ritorno verso Goma, mi abborda un uomo che tiene in braccio un bambino di due mesi e mi supplica di fare qualcosa per il suo bambino: lo aveva appena ricuperato sulla schiena di sua mamma, abbattuta da un ignoto. Con l'aiuto delle Suore Carmelitane della parrocchia, il bambino è stato affidato ad una giovane mamma che aveva già il suo bambino di un mese per allattarlo ed occuparsene interamente con l'assistenza dell'economato generale. No, attualmente accadono cose orribili che non si capiscono...”

Mgr Kaboy denuncia poi l’apparire des tribalismo e dei rapimenti di persone per esigere riscatti, descrive le azioni intraprese dalla diocesi per solleviare le sofferenze, e invita alla preghiera, al coraggio e alla speranza.

“Oggi, tutto può sembrare caotico, addirittura assurdo, ma lo Spirito attesta che nelle viscere della Repubblica Democratica del Congo il Signore ha suscitato ''dei tempi nuovi''. La delusione e lo smarrimento possono minacciarci, ma lo Spirito rimane nel cuore del tempo. Questo Spirito, grande respirazione di Dio, porterà fino a noi il sapore della terra nuova. CORAGGIO.”
Sostenete il nostro coraggio con la vostra preghiera, e dite a tutti che a Goma è in corso un’altra inutile strage.

Piero Gavioli 

Goma, 20 maggio 2013