VIS in RdCongo: la storia di Francine. Dopo un anno insieme al Centro Don Bosco Ngangi ricomincia una nuova vita

27 giugno 2014 - Francine è pronta per cominiciare una nuova fase della sua vita. Ha vissuto un anno di vita insieme alle altre donne di Mamma Margherita, a Goma in Repubblica Democratica del Congo. Un anno utile a rimarginare le ferite della violenza subita attraverso le cure dei nostri volontari, operatori e delle altre donne accolte. Un anno per imparare un mestiere e ora ripartire. La nostra volontaria internazionale Monica Corna ha raccolto le sue parole. Una lettera toccante, vera, piena di dolore e di speranza. Piena di vita. Safari Ngema, Buon viaggio, Francine. 

Carissimi amici di mamma Margherita, compagne di viaggio, Salesiani e volontari VIS,
nel leggermi forse vi stupirete, perchè sapete bene che non so scrivere, forse il mio nome, ma non di certo una lettera, ma se potessi farlo, queste sarebbero le mie parole, il mio racconto, il racconto di un percorso che si è concluso bene.

Da un anno faccio parte della vostra piccola comunità di casa Margherita, servizio di accoglienza del Centro Don Bosco Ngangi per ragazze madri e vittime di violenza sessuale. Ho 16 anni e vengo da Rutshuru più precisamente Burai , villaggio del Nord Kivu.

Sono stata lasciata sola dalla mia famiglia in un letto d’ospedale, per una violenza subita e la sieropositività da essami regalata. Non è colpa loro, le cose che non si conoscono spaventano, il carico di una persona ammalata spaventa, sopratutto se si vive in una famiglia povera, questo a volte puo far fare una cosa orribile e in alcuni casi l’unica possibile: abbandonare

Mi hanno lasciato da sola in un letto d’ospedale. Dopo qualche giorno quando il mio fisico ha cominciato a riprendersi, era evidente che non potevo più stare li, avevo bisogno di una dimensione di vita più normale, mi sentivo a pezzi e di nessuno. Avevo bisogno di cure, non solo per il mio corpo ma anche per il mio spirito.

In questo anno a Goma, a casa Margherita, non sono mai stata sola, ho vissuto con altre venti ragazze.

Veniamo da posti diversi, tutte con storie diverse, ma siamo qui tutte per lo stesso motivo, nessuno si occupava più di noi. Troppo giovani e in famiglie troppo povere, dove far fronte alle difficoltà di ogni giorno è già un’impresa, ritrovarsi, chi per forza o chi per ingenuità con un bambino o con una malattia, ha il solo risultato di essere un carico enorme. Ecco cosi il rifiuto, ecco l’abbandono.

Da voi mi sono trovata bene, il mio corpo si è ripreso completamente, anche se l’ombra della mia malattia, che non capisco, mi accompagnarà per trutta la vita. Qui ho fatto tante cose, ho trovato persone che mi hanno accompagnata nei diversi aspetti della mia vita, mi hanno sotenuto moralmente, psicologicamente e spiritualmente, hanno accompagnato la mia guarigione fisica e mi hanno fatto imparare un mestiere che spero di poter fare anche una volta rientrata a casa.

Inizialmente è stato molto duro, non volevo collaborare, non ero mai uscita dal mio villaggio, tutto era nuovo per cui ho dato del filo da torcere a tutti voi.

Sapevo anche che comunicavate regolarmente con la mia famiglia e cercavate di creare un ponte tra noi, cercavate di fargli capire che ero importante e che non per forza dovevevano vedermi come un peso.

L’anno è passato e da un po' di mesi si parla di rientro, questo mi ha fatto riaffiorare tutte le mie insicurezze infatti da quando mi hanno detto che potevo rientrarte a casa mia, al mio villaggio, non sono stata più serena. La situazione politica non migliorava mai, era sempre pericoloso e il tempo passava. Non è che a Margherita stessi male, anzi tutt’altro, ma la precarità, il non sapere dove devo stare, dove devo investire, questa situazione a metà mi stava facendo diventare matta. Per cui voglio scusarmi per tutti i guai che ho causato.

Finalmente arriva il momento di partire, la macchina è pronta i bagagli caricati, non sono sola, con me c’è un’altra ragazza di Margherita, anche lei abita vicino al mio villaggio e due bambini che vivono al Centro, con noi vengono il nostro psicologo e i nostri due assistenti sociali.

Nulla mi ha preparato a quello che ho trovato al mio arrivo al villaggio, all’accoglienza che ho ricevuto, tutte le persone che incontravo, hanno iniziato a gridare di gioia, a inseguire la macchina fino alla porta di casa.

Tutti pensavano che non mi avrebbero più rivisto. Ero emozionata e orgogliosa della mia gente, li guardavo ringraziare, cantare di gioia, festeggiare me e  festeggiare le persone che mi avevano accompagnato e dentro di me pensavo che non poteva esserci modo migliore per dimostrare la mia gratitudine.

Questa lettera vuole essere una testimonianza del vostro grande lavoro e il sorriso di mio fratello come capo famiglia mentre firma la lettera di riunificazione, riassume in toto questo momento: da una parte la firma con la quale si impegna a prendersi cura di me e il sorriso come grazie da riportare a Ngangi, a Margherita.

La macchina si rimette in posizione di partenza, la guardo allontanarsi, diventa sempre più piccola fino a scomparire e tutti riprendiamo il nostro cammino.

Safari ngema, buon viaggio e grazie

Francine