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“Quel salto rimasto sospeso” il Servizio Civile di Caterina e i suoi compagni d'avventura

Il gruppo pronto per il Servizio Civile Universale a fine febbraio 2020 si è scontrato con la pandemia Covid-19 che ha bloccato le loro partenze. Per mesi sono rimasti sospesi, in attesa di capire come si sarebbero sviluppati gli eventi. A un anno di distanza Caterina, che ha ripreso il suo percorso con il VIS seppur in modalità diverse dal previsto, condivide con noi le sue riflessioni.

"10 febbraio 2021, sono a scuola con una fila lunga 18 bambini e bambine davanti a me pronti a lavarsi le mani per poi andare a mensa. Mi sto raccomandando di fare silenzio perché siamo in corridoio e non dobbiamo disturbare i compagni nelle classi, quando il mio cellulare trilla. E trilla, trilla, trilla, e trilla. I bambini ridono, sono una maestra decisamente poco credibile.

“Chi è? Chi è? Chi è?”

Do un’occhiata veloce: è il gruppo whatsapp di amici autodefinitisi “Bellisssimi”, che si riempie di messaggi per augurare buon compleanno a Rebecca. Fa strano pensare che solo un anno prima non sapevamo assolutamente chi fosse Rebecca e difatti per un attimo mi sento in colpa per non averle mai fatto prima gli auguri!

Ci siamo conosciuti il 20 febbraio 2020, al corso di formazione in preparazione all’anno di Servizio Civile con il VIS prima della partenza, in quel periodo della nostra vita in cui improvvisamente avevamo cambiato cognome: Caterina Angola, Ivano Etiopia, Alice Ghana, Vittoria Ghana, Angela Angola, Orsi Etiopia, Rebecca e Vincenzo Palestina. Così ci presentavamo tra di noi e al resto dello staff VIS. Otto ragazzi e ragazze da tutta Italia, ma proprio tutta: dall’umidissimo Friuli alla radiosa Puglia. I giorni della formazione a Roma in preparazione all’anno di Servizio Civile ci hanno resi consapevoli di quello che ci aspettava, ci hanno permesso una full immersion nel mondo di una ONG e ci hanno reso un gruppo.

Ricordo nettamente quando nel sole romano già caldo a febbraio prendo tra le mie mani le mani di Vittoria e le dico “Ho paura” e lei “Ho paura anch’io”, non ero più sola. Il dubbio se ce l’avrei fatta o meno a vivere un anno in Africa? Ogni esitazione era svanita non appena mi scontrai con quella che sarebbe stata la mia compagna d’avventura: Angela. Sentire Orsi raccontare la sua vita era una fonte d’ispirazione, Alice era come se fosse già in Africa, la più giovane eppure un punto fermo per tutti noi, Ivano e Vincenzo, con il loro animo napoletano, ci davano la sicurezza che l’Italia sarebbe inevitabilmente riecheggiata nelle nostre risate e Rebecca impastava gli ingredienti di ciascuno di noi con il suo amore per l’altro. Lì in quell’ufficio del VIS adibito a classe le nostre vite si sono intrecciate. Chi era la tessitrice? Valentina, responsabile del settore volontariato del VIS, che per la settimana di formazione a Roma è stata per noi maestra, mentore, consulente, confidente e, diciamolo, un po’ mamma.

Le settimane prima di arrivare al Parco in Via Appia Antica a Roma, sede del VIS, le avevo trascorse correndo da un lato all’altro della città a racimolare tutti gli oggetti che improvvisamente ritenevo essenziali: un pile, magliette di cotone leggero, spray anti zanzare, scarpe da ginnastica. Ogni giorno arrivava il momento in cui ti chiedevano il perché avessi scelto un’esperienza folle come quella di partire. Silvia Romano allora non era ancora tornata a casa e il suo nome ricorreva spesso. Eppure a maggior ragione sentivo che quel progetto per i ragazzi luandesi in situazione di strada fosse il posto giusto in cui dare il mio contributo. Silvia non avrebbe mai voluto lasciarci in eredità la paura, ma anzi il coraggio di partire e alimentare nel mondo una rete di solidarietà.

C’è una foto di quel periodo di formazione che amo molto: noi otto che ci teniamo per mano e saltiamo giù dal muretto. A lungo avevamo riflettuto se fosse il caso di saltare o meno e ora eravamo pronti a farlo: i muscoli erano caldi, la testa concentrata, le mani del nostro vicino che stringevano le nostre ci rendevano sicuri. Lancio!

Nessun atterraggio seguì quel lancio. Due settimane dopo quella foto il Covid aveva ormai inghiottito gran parte del mondo occidentale, l’Italia era in emergenza e i confini si erano chiusi, questa volta non per un inconsistente bisogno di proteggere noi dagli altri, ma una reale necessità di proteggere gli altri da noi. Il nostro destino è rimasto sospeso, in quel salto, non eravamo a Luanda, Betlemme, Sunyani o Addis Abeba e Udine, Corato, Peglio, Napoli, Parma, Gavirate e Milano non ci davano nemmeno la consolazione di poter stare con gli amici e passeggiare per i propri luoghi. Noi, che dovevamo spiccare il volo, migrare dall’altra parte del mondo ci siamo ritrovati chiusi nelle nostre case. È stata dura e credetemi quando dico che senza quel gruppo di “Bellisssimi” non ce l’avremmo mai fatta. Tra noi ci siamo confidati e sostenuti, non ci siamo fatti abbattere da questa improvvisa interruzione delle nostre vite, ma ci siamo tenuti stretti e reinventati.

Oggi, Angela è a Luanda, Rebecca è a Betlemme, Alice a Sunyani. Ivano e Vincenzo lavorano in giro per l’Italia, Orsi si è innamorata, Vittoria scrive articoli in cui si batte per i Diritti Umani e io faccio la spola tra una scuola elementare di Udine e il mio Servizio Civile a distanza. Il VIS ci ha fatti incontrare e, se anche non tutti noi siamo dove avremmo immaginato un anno fa, ci ha insegnato a essere un gruppo."