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"Tambacounda, una città fuori dal tempo, una confusione di lingue, colori e rumori" - Il racconto di Chiara

Chiara Bertoldo, stagista del Master Cooperation and Development dell'Università di Pavia, che affiancherà il lavoro degli operatori del VIS in Senegal per quattro mesi, racconta l'inizio della sua esperienza a Tambacounda:

“Esattamente un anno fa iniziavo il Master in “Cooperation and Development” presso l’Università di Pavia di cui il VIS è partner. Esattamente un anno fa cominciavo a fantasticare su quale sarebbe stata la mia destinazione per svolgere il tirocinio richiesto, al termine degli 8 mesi di lezione frontale. Eravamo a novembre nel pieno del freddo umido pavese e il mondo ancora non sapeva a cosa sarebbe andato incontro nei mesi successivi. Poi è successo quello che sappiamo e la possibilità di partire sembrava un miraggio, l’idea di prendere un aereo sembrava, se non impossibile, altamente improbabile.

Eppure… Eppure il VIS mi ha dato l’opportunità di partire e scoprire un paese nuovo, il Senegal, un’altra “casa” ma senza dimora fissa, zaino in spalla e via, dove ti portano i progetti. E così ora, nonostante le difficoltà, le fatiche e le attese sono arrivata qui nella mia prima tappa, a Tambacounda, alla “fine del mondo” o almeno, così è sembrato a me che fino ad ora avevo riservato all’Europa le mie esperienze lavorative. E da qui inizia il mio percorso, da qui partono i miei 4 mesi senegalesi.

A Tambacounda, una città fuori dal tempo, dove i bambini ancora ti rincorrono urlando: “Toubab!” un termine che fino ad ora avevo letto solo sui manuali di Antropologia, dove la gente sussurra in francese ma non trattiene la voce quando si esprime in Wolof, dove le camminate sono piene di “Bonjour! Ça va?” pronunciate con il sorriso, anche se i volti sono stanchi, dove le motociclette comandano in strada e il Muezzin scandisce le ore con il suo richiamo alla preghiera. E in tutta questa confusione di lingue, colori e rumori, con la polvere che la stagione secca inizia a sollevare, c’è un ufficio, nascosto qua e là ma conosciuto da tutti in città che è diventato improvvisamente la mia casa: una stanza in fondo al corridoio, una cucina rumorosa, i grilli per coinquilini, un gallo per vicino che non smette di cantare nemmeno quando il sole si è levato da ore, e due compagni di viaggio dall’altra parte della strada, in una casa piena di storia alla quale non vedo l’ora di aggiungere la mia. Giulia, capo progetto di “Investir dans l’avenir” e Valerio, responsabile amministrativo, con cui condividerò le mie permanenze a Tamba, con i quali scambiare idee, progetti, timori e prospettive, intorno a un piatto di pasta, certo, ma soprattutto intorno al “Thiebou dien”, il piatto nazionale senegalese con in sottofondo le storie di questo paese, le esperienze, le gioie e i dolori di chi ha scelto di intraprendere questa vita. Il Senegal mi accompagnerà per i prossimi mesi, tra due città e due regioni, la prima tappa lungo il viaggio della cooperazione alla scoperta di un mestiere troppo spesso incompreso. Il mio percorso inizia perciò alla “fine del mondo”, a Tambacounda, nel cuore del Senegal, in un pezzo d’Africa che fino ad ora avevo solo letto nei libri di Antropologia o ascoltato nei racconti di chi ha lasciato questa terra; e non potrei essere più entusiasta."